Stranger Eyes – Sguardi nascosti

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Protagonista di Stranger Eyes - Sguardi nascosti
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Devi solo osservarlo da vicino, tenergli gli occhi addosso, e un giorno, anche se non è affatto un criminale, puoi stare sicuro che lo diventerà (Agente Zheng – Pete Teo)

Chi siamo agli occhi degli altri? Le nostre proiezioni all’interno delle menti di chi ci osserva, quanto sono vicine alla realtà? Probabilmente molto poco, almeno in principio, ma con un po’ di pazienza si può scavare all’infinito e, forse, trovare più dei classici scheletri nell’armadio.

L’opera di Yeo Siew Hua, regista e sceneggiatore che per primo ha avuto l’onore di portare a gareggiare per il Leone d’Oro un prodotto nato a Singapore, è un concentrato di rarefazione: primi piani inespressivi che lavorano per sottrazione, personaggi che si muovono come ignare pedine del destino, case abitate, ma non “vissute”, lavori alienanti che impediscono alle emozioni di emergere.

E queste restano quindi chiuse, divorate dal buonsenso affinché tutto proceda come è inevitabile.

Ma quando questo “inevitabile” è il rapimento di una figlia, la crisi sopraggiunge, e noi spettatori veniamo accompagnati nello spiare le vite dei genitori della bambina, Junyang e Peiying, per poi porre l’attenzione sul presunto rapitore, che inizia a lasciare sotto la loro porta di casa dei DVD contenenti spezzoni della loro vita quotidiana, allo scopo di mostrare forse qualcosa che i due avrebbero preferito rimanesse nascosto.

Tuttavia, questo è ormai impossibile: la città è una costellazione di telecamere, avvinghiate a ogni angolo, alla continua ricerca di colpevoli, realizzando di fatto la distopia che Orwell rese famosa. E Singapore è la città perfetta per raccontare la silenziosa oppressione dell`osservazione continua, che ci scivola addosso finché non siamo noi quelli che ne interrompono l’apparentemente innocuo scorrere.

Protagonisti e antagonisti si scambiano spesso i ruoli, che sono fluidi come ci si aspetterebbe da una storia che simula la realtà il più possibile, senza grandi rivelazioni, eventi eclatanti, ma non per questo senza suspense e sorprese finali. E anche lo spettatore diventa a sua volta un occhio estraneo che osserva, giudica e pregiudica, dal suo piedistallo che viene messo in crisi man mano che i minuti avanzano.

Con tale scarsità di emotività a trasparire dai volti dei personaggi, tutto il loro caos interiore è affidato alla scrittura e agli avvenimenti raccontati tramite le immagini. La regia è molto pulita e asciutta, in linea con le interpretazioni e scevra di particolari guizzi; va considerato che non ci troviamo davanti ad uno stile di cinema ben noto, come l’esplicitezza statunitense, l’eclettismo coreano, o la ricerca del perfezionismo fotografico cinese, tuttavia quanto qui proposto non è sufficientemente capace di trasportare gli spettatori nello spettro empatico necessario a connettere davvero coi personaggi, se non nei minuti finali.

Resta in ogni caso la capacità di raccontare un tema interessante e molto attuale: “chi sono davvero gli estranei?” è la domanda cruciale che il film ci pone, perché possono esserlo quelli che ci sono più vicini, e che sono molto bravi a nascondersi, e nello stesso tempo altri, che hanno una propria vita e una propria storia che non vanno ricondotte ad un mero confronto con la nostra. Perché gli estranei ci capitano davanti ogni giorno, e se qualcuno si comporta ai nostri occhi in modo particolare, potrebbe essere che sembrano interfacciarsi con la nostra vita e volerci minacciare, ma spesso in realtà si tratta di reazioni ad eventi per noi inimmaginabili, che passano in secondo piano perché il primo pensiero è sempre verso se stessi.

Stranger Eyes - Sguardi nascosti - LocandinaStranger Eyes – Sguardi nascosti

Regia: Siew Hua Yeo

Voci: Chien-Ho Wu, Kang-sheng Lee, Anicca Panna, Vera Chen, Xenia Tan, Pete Teo, Maryanne Ng-Yew, Mila Troncoso

Durata: 125 minuti

Uscita: 14 novembre 2024

Versione Inglese

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REVIEW OVERVIEW
Buono
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mo-shi-luLa prima opera singaporiana a gareggiare al Festival di Venezia orbita attorno al tema del bisogno di guardare e spiare chi ci circonda. Possiamo davvero non considerare “estranei” i nostri cari? È davvero corretto chiamare “estranei” chi ci osserva incessantemente? Quando sparisce una bambina, i suoi genitori iniziano a sprofondare nell’infinita spirale composta da queste domande, e con loro anche il presunto rapitore, in un gioco senza buoni o cattivi, in cui anche lo spettatore è chiamato a rispondere. Il film pecca nel non riuscire a dare il giusto ritmo e potenza alle immagini, anche a causa di uno stile molto asciutto e asettico, che però funziona nell’inaspettato finale.

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