Prima un libro ricco di ben 57 testimonianze personali sull’esperienza vissuta durante la Seconda Guerra Mondiale, ora uno spettacolo con 14 racconti selezionati e toccanti in cui il nipote di Rinaldo Cristicchi, tra i sopravvissuti della campagna in Russia che da sola contò 20 milioni di morti, utilizza il palcoscenico per parlare di un passato che molti non ricordano (o preferiscono non ricordare) e di cui altri ignorano addirittura l’esistenza.
Che siano stati i lager o il gelo siberiano che atrofizzava le unghie dei piedi, che si trattasse del genocidio che portò al totale svuotamento di tre città oggi slovene o una bomba di passaggio le cui schegge segnarono l’esistenza di anime innocenti, il filo conduttore della performance di Simone Cristicchi al Teatro Vittoria di Roma è animato dai fatti accaduti che attendono ancora risposte. Tragedie a cui oggi, secondo l’autore, interprete e regista, si potrebbe oggi ovviare mandando in guerra solo i vecchi e malati terminali, di modo da far nutrire i giovani ancora di belle speranze.
Se mio nonno non fosse tornato dalla Russia io non sarei nato né avrei potuto raccontarvi queste storie – si giustifica il cantautore alla fine di una vorticosa performance di un’ora e mezza filata in compagnia di Riccardo Ciaramellari alla fisarmonica e pianoforte e Gabriele Ortenzi al theremin, strumenti giocattolo e sonorizzazioni, insieme ai contribuiti audio e video di testimonianze inedite, tra le quali la più toccante è forse quella dei 2 giovanissimi ragazzi piemontesi aspiranti agricoltori che, seminando un campo di patate, sono incappati in un ordigno bellico inesploso che ha cancellato i loro arti, la vista e, soprattutto le aspettative di un domani. Altri episodi del genere continuano a succedere, quasi a sottolineare l’irresponsabilità e il caso di persone e fatti che furono coinvolti in una strategia (se così si può chiamare) bellica che seminava terrore e distruzione dovunque, ma anche il senso di coesione e democrazia che unisce l’intellettuale al contadino, il commerciante all’artista, davanti a catastrofi umane dove l’unione è data dal buon senso, dalla voglia (e forza personale) di cambiare un mondo che vuole annichilire il sistema umanità.
Altro che i giovanetti pacifisti dei centri sociali tuona l’affabulatore Simone in un andirivieni tra passato e presente che ben sintetizza la caotica situazione odierna. Meglio combattere per un pezzo di pane che non dar più valore alle cose, meglio soffrire e combattere per un ideale che immergersi in un’amnesia apatica segnata dalla globalizzazione. Parlano da sole le vicende prescelte dal cantautore che utilizza la musica solo a fini di enfatizzazione drammatica del singolo episodio, mosso e commosso dai racconti dei novantenni intervistati in giro per l’Italia, che ora scaldano le 14 sedie vuote sul palcoscenico e, ancor più, i cuori di chi le sente vibrare in sala. Dimenticatevi per un paio d’ore il social rapper sanremese e scoprirete un interprete ammaliante, animato dalla rabbia, scosso dall’orrore della realtà e nutrito dalla sete di giustizia narrativa che con canto, gesto e parola trainante riesce a trasmettere energicamente. Quel che si scopre in noi stessi è la capacità di resistere inchiodati alla sedia per l’intera rappresentazione, catturati da un mirabolante ritmo di suoni, immagini, prossemiche e melodie verbali, incastrati tra riflessioni, risate (non solo amare) e la voglia di saperne di più. Il passato a volte ritorna, ma in questo caso per condividere un percorso e cercare in qualche modo, magari proprio tramite una visione interiore, di renderlo diverso…
Lo spettacolo è ora in tour per tutta Italia e chissà che Simone Cristicchi non riesca a farlo conoscere anche alle platee internazionali dei Paesi che con noi hanno vissuto la stessa tragedia. In bocca al lupo a Simone!
Mio nonno è morto in guerra!
Genere: Teatro
Di e con: Simone Cristicchi
Con: Riccardo Ciaramellari (pianoforte e fisarmonica) e Gabriele Ortenzi (theremin e strumenti giocattolo)
Sede: Teatro Vittoria di Roma
Data di uscita: fino al 16 Febbraio 2014